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Origine del prodotto in etichetta: scatta l'obbligo, in Italia, per latte e derivati

E’ scattato, il 19 aprile scorso, in Italia, l'obbligo di inserimento in etichetta dell'indicazione dell'origine per i prodotti lattiero caseari, ai sensi del decreto 9 dicembre 2016 adottato in attuazione del Regolamento UE 1169/2011.  
L’obbligo riguarda tutti i tipi di latte (vaccino, bufalino, ovi-caprino, d’asina e di altra origine animale) ed i prodotti lattiero-caseari di cui all’allegato 1 del decreto stesso, preimballati ai sensi dell’art. 2 del reg.UE 1169/2011 e destinati al consumo umano.
Nel dettaglio, il decreto prevede che il latte e i suoi derivati debbano obbligatoriamente riportare l'origine della materia prima in etichetta in maniera chiara, visibile e facilmente leggibile.

Le diciture da utilizzare sono le seguenti:
·    "Paese di mungitura": nome del Paese nel quale è stato munto il latte;
·    "Paese di condizionamento o trasformazione": nome del Paese in cui il prodotto è stato condizionato o trasformato il latte.
Nel caso in cui il latte o il latte utilizzato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, confezionato e trasformato nello stesso Paese, l'indicazione di origine può essere assolta con l'utilizzo di una sola dicitura, ad esempio: "ORIGINE DEL LATTE: ITALIA".

Se le fasi di confezionamento e trasformazione avvengono in più Paesi, diversi dall'Italia, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture:
·    "latte di Paesi UE": quando la mungitura avviene in uno o più Paesi europei;
·    "latte condizionato o trasformato in Paesi UE": se condizionamento o trasformazione sono state effettuate in uno o più Paesi europei.
Qualora invece le operazioni avvengano fuori dal territorio UE, dovrà essere utilizzata la dicitura "Paesi non UE".

Sono esclusi dall’obbligo sancito dal decreto solo i prodotti Dop e Igp, che di fatto hanno già disciplinari propri  relativi anche all'origine, e il latte fresco già tracciato.  
E’ previsto un periodo transitorio per i prodotti “portati a stagionatura, immessi sul mercato o etichettati” prima dell’applicazione, i quali potranno essere commercializzati fino a esaurimento scorte e comunque non oltre i 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto.